Lanfranco Scorticati  pittore

BIOGRAFIA breve

 


                                                                >>>Per ulteriori informazioni biografiche clicca quì


Nasce a Villa Rivalta di Reggio Emilia nel 1911. Dal 1925 al 1935 frequenta la Scuola d’Arte “Gaetano Chierici”. Suo maestro è Ottorino Davoli, cui lo legherà per tutta la vita una incrollabile stima artistica e umana, come testimonia il fitto carteggio dei due artisti. A Reggio cominciano le sue prime affermazioni artistiche.


Dal 1937 con il benestare della famiglia, “senza soldi (si è mantenuto suonando il violino in piccole orchestre), ma consapevole del proprio talento e ostinato nel cammino da seguire”, decide di trasferirsi a Milano per frequentare l’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 1940 è la prima mostra presso la Galleria “Piccola Mostra” con cui l’artista intreccerà un solido rapporto di collaborazione.


Nella foto: Il Tumbun de San Marc con il ponte di via Montebello, anni’20

Nel 1939 si trasferisce in via Montebello 14, sempre in zona Brera, dove fisserà il proprio studio e abitazione dal ’39 al 1999. Una stabilità che cercherà e otterrà anche negli affetti: nel 1943 sposerà Dosolina Angela Del Ben (1920-1991) per lui semplicemente ed amorosamente “Nina”, conosciuta sui loggioni della Scala, da cui no
n si separa fino alla morte.

Nella foto Lanfranco e Nina, Milano 1941


Sono gli anni del fascismo, che obbligano la famiglia Scorticati fin dagli anni ’20 ad una separazione coatta, con soggiorni distribuiti tra Reggio Emilia e Parigi. Qui l’artista compirà un fondamentale apprendistato pittorico, alla scuola dei grandi maestri del Louvre ma anche in stretto rapporto con la pittura espressionista.

Parigi, Lanfranco sulla Senna 1948


Nel 1946 nasce il figlio, Fiorenzo. Il repertorio figurativo del maestro, fino a questo momento dedicato al ritratto e al paesaggio, si arricchisce di nuovi spunti: l’attesa, la maternità, il piccolo Fiorenzo.


Inserito nella vita artistica e culturale milanese, conosce in questi anni numerosissimi artisti (grazie alla frequentazione di Brera, di gallerie e associazioni quali la “Famiglia Artistica”, la “Famiglia Meneghina”, la “Società degli Artisti e Patriottica” e, successivamente la “Permanente”). Tra i più cari e noti al grande pubblico: Frisia, Carrà, Funi, De Pisis, Fontana, Tallone, Fiume, Guttuso, Salietti, Sassu, De Grada, Mucchi, etc.


Scrive Raffaele De Grada: “Milano è la città degli incontri e Scorticati, che frequenta la Scuola del Nudo a Brera (lui che è un maestro nella pittura di nudo), conosce pur nella timidezza tutti i pittori di quel tempo a Milano. Ma anche se la sua pittura rientra nell’ordine del novecentismo di quell’epoca che precede la guerra, da Funi a Salietti, Scorticati naviga solo, come colto naïf del momento. Del novecentismo egli non ama il senso ripetitivo e ideologizzante della pittura, figure figure, paesaggi paesaggi, studi di accostamenti di natura morta. Tra un quadro e l’altro si alza insensibile, il grande silenzio della poesia per cui ogni ritratto, ma anche ogni nudo, è sempre nuovo.” 

Si intensifica l’attività di mostre come pure la committenza di ritratti.


A partire dagli anni ’60 allestisce una seconda casa a Reggio Emilia, che gli ha dato i natali e non lo ha mai dimenticato: si tratta di una mansarda in via Emilia S. Pietro, dove accoglie gli amici di un tempo. Frequenti da lì le escursioni sull’Appennino, dove si rifugia a dipingere.


In una intervista radiofonica del 1962 afferma: “… con la mia pittura, io non vado cercando il vero, ma il “sentimento del vero”, che per me è nell’arte la cosa più importante. Non voglio essere un obbiettivo fotografico, cerco, nella mia pittura, di dare un senso poetico a ciò che rappresento”. Molti critici si occupano del suo lavoro. 

Nel 1962 Leonardo Borgese scrive: “Per chi lavorano certi bravi pittori come Scorticati? Per la gente del futuro… Intanto riguardiamo i suoi quadri sicuri che tra cinquanta o cento anni la gente li guarderà e capirà…”.


Numerose anche negli anni ’60 e ’70 le affermazioni artistiche: mostre personali e collettive, (anche nella città natale), premi, concorsi, prestigiose iniziative di restauro. Fa parte del “Gruppo 20”, un gruppo di artisti lombardi con cui condivide il tipo di pittura d’impronta impressionistica e l’attenzione alle valenze tonali del colore, che riceverà nel 1974 l’”Ambrogino d’Oro” dal Comune di Milano.


Nel 1984, a Marsala per l’annuale Premio Nazionale della Città, viene colpito da un primo ictus che non gli impedisce di continuare a dipingere. Ben più profondamente incide sulla sua personalità la morte della moglie Nina nel 1991.


L’artista muore a Milano nel 1999.


Scrive Raffaele De Grada nella presentazione alla Mostra antologica che l’Assessorato alla Cultura del Comune di Reggio Emilia e i Civici Musei gli dedicano nella città natale nel 2002:

“[...] Come gran parte dei pittori degli ultimi due secoli, Scorticati ha attinto dalla natura il soggetto permanente, instancabile, della propria vocazione; dovunque egli si trovasse da Milano a Marsala, a New York gli aspetti della natura chiedevano a lui di essere rappresentati e ogni volta sembrava che questo fosse l'istante unico di una emozione da consegnare in modo definitivo. Scorticati non si fermava all'impressione, ogni quadro era un discorso chiuso, una scoperta e un addio. Non era lui a stancarsi della natura, semmai erano le cose e gli umani a stancarsi di lui. Come a dire che un ritratto o un paesaggio fossero nella sua pittura un tutto unico, irripetibile, non una ricerca ma una prova definitiva.

    Questa è l'idea centrale che emerge dalla personalità di Scorticati a partire dai suoi dipinti dagli anni Trenta in poi, una contemplazione calma nel paesaggio, nel ritratto, nella natura morta, sciolta dal tempo, priva delle inquietudini della ricerca e con il senso tranquillo dell'opera compiuta. [...]

    Lanfranco Scorticati mi parlò sempre con grande dolcezza, in un mondo di ciechi vide sempre il giusto perché seppe contenersi nell'ambito di ciò che la creazione gli aveva fornito nel paradiso ideale della pittura dal quale egli per tutta la vita non decampò. Così rimase giovane per tutta la vita volendo sempre imparare, non affidandosi mai completamente al mestiere della pittura, ma lasciando sempre campo alla sua immaginazione e alla sua sensibilità.


Mi viene a mente una frase che Victor Hugo scrisse a Beaudelaire quando ricevette Les fleurs du mal  (30 ag. 1857): "L'arte è come l'azzurro: un campo infinito; voi l'avete provato".


>>>Per ulteriori informazioni biografiche clicca quì